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domenica 21 agosto 2011

i misteri dolorosi e quindi la croce centro del mistero cristiano

Altre e molte volte sono stato filocrericale, questa volta dissento. Contesto che il centro del mistero cristiano sia la gloria. Concordo con il teologo luterano Kaler secondo cui il Vangelo è primieramente un racconto incentrato sulla passione con un ampio prologo ed aggiungerei un breve epilogo, come quello della resurrezione che nè da parte cattolica, nè da parte di alcune sette, esempio i Testimoni di Geova deve essere considerato centrale. Su questo punto San Paolo è molto chiaro, tutto il suo discorso è staurocentrico. A nulla vale dire che anche la croce può essere vista come una esperienza di gloria, in quanto vulnerabilità dopo la vittoria totale. Tutto ciò può essere vero, ma se non si mette la sofferenza al centro del mistero cristiano a nulla valgono le prediche cattoliche sul concetto di persona. Mettere al centro della teologia la persona significa dare uno spessore ontologico ad ogni individualità umana a prescindere dal suo stato e condizione di forza e di debolezza che sono sempre poi piuttosto relative. La conseguenza è che, come ben si esprime il teologo gesuita Padre Sorge, il bene comune è un bene che non scaturisce da una sommatoria, ma dalla produttoria perchè se uno dei fattori è 0 tutto il risultato sarà uguali a zero. Solo così si rende sacra la vita. Ma poi ditemi questo anche limitandoci al fatto di Cristo; la gloria di Cristo deriva dalla serie delle sue vittorie e dei suoi miracoli, raccontate per esempio nella vita di molti altri santi dell'epoca anche pre-cristiana (esempio Apollonio di Tiana), oppure dalla sua morte in croce, una morte ignominiosa perpetrata dal potere politico e religioso? Non deriva forse proprio dalla sua disonorevole morte,  che egli ha parlato definitivamente agli ultimi, come sempre avevano cercato di fare più o meno invano tutti i profeti? La nostra gloria personale dipende dalla fantasia con cui riesumiamo i brevi momenti fuggevoli di aleatorie vittorie o piuttosto da una intera vita spesa per una causa con il suo corredo di sconfitte, croci, indietreggiamenti, ma confortata dalla perseveranza finale? E soprattutto la croce e non la resurrezione esprime quell-amore che Dio ha per noi, come evidenzia il tono apocalittico dello staurocentrismo paolino, per cui la croce consiste in un inverarsi della grazia. Aggiungo che certo predicare è facile, mettere in pratica un pò più difficile. Vi comprendo tutti, a presto.

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