Elenco blog personale

Cerca nel blog

Post più popolari

martedì 29 giugno 2010

Santo del giorno, calendario comune 29 giugno 2010

Oggi la Chiesa ricorda i due apostoli Pietro e Paolo, colonne e fondamento della Chiesa Romana. Sappiamo tutti delle vicende collegate ai due apostoli ben descritte nel Nuovo Testamento. Qui vorrei soffermarmi sui simboli applicati da Gesù all'Apostolo Pietro. Il primo è quello della pietra, evocata nel nome stesso aramaico Kefà, segno di stabilità e sicurezza: Pietro renderà visibile la pietra fondante, primaria e divina, di Cristo sulla quale poggia la Chiesa. Le chiavi sono il secondo simbolo, che non rimanda solo al potere giuridico di gestione di un regno o di una comunità, ma anche la responsabilità di insegnamento, tenendo in mano la chiave autentica dell'interpretazione della parola di Dio. La terza immagine è di tipo forense ed è nota anche al mondo rabbinico antico: è il legare e sciogliere, ossia il rimettere i peccati nel nome del Signore, ma anche l'ammonire, l'esortare, il formare nella fede i fratelli.
Pietro venne martirizzato a Roma, in quella "Babilonia" dalla quale aveva scritto la sua prima lettera.
Per ciò che riguarda Paolo, da molti considerato il vero e proprio genio inventore del cristianesimo, quale noi conosciamo, la sua predicazione si incentra su due concetti chiave ben espressi nella lettera ai Romani. I due concetti chiave sono: chàris e pistis. La prima indica la grazia, ossia l'amore di Dio, che per primo si mette sulla strada dell'umanità ferita dal peccato. Questo concetto è spesso contrapposto alla legge a sottolineare la novità di Cristo, dove prevale la legge dell'amore giustificante di contro alla precettistica giudaica che solo aveva come risultato quello di risvegliare il peccato.
Pistis è invece un concetto che egli usa polemicamente di contro alla sapienza filosofica che relegava la pistis al primo grado più elementare della conoscenza. Senza rinnegare le possibilità di una conoscenza più elevata della dottrina cristiana, egli sottolinea la dignità già della pistis in quanto qui non si tratta di aderire a miti fabulistici, ma alla storia vera e reale del Cristo incarnato, morto e risorto per tutti gli uomini.
Secondo la tradizione (la sua morte non è registrata nel N.T.) Paolo morì a Roma decapitato.

lunedì 28 giugno 2010

Santo del giorno, calendario comune, 28 giugno 2010

Oggi la Chiesa ricorda il grande padre della Chiesa Ireneo di Lione (Smirne 130 circa-Lione 202 circa, martire). Ancora fanciullo aveva ascoltato Policarpo. Divenuto presbitero di Lione, fu eletto vescovo succedendo al martire Potino di Lione.
I suoi scritti sono "Contro le eresie" in cinque libri e "La dimostrazione della predicazione apostolica". La prima delle due confuta lo gnosticismo, la seconda è un catechismo per gli adulti.
Egli vede nell'umanità un compimento progressivo della salvezza, che porta all'unione con Dio attraverso tre temi principali: unità di Dio, economia della Ricapitolazione in Cristo di tutta la creazione, educazione progressiva dell'uomo.
"Il Verbo di Dio-scrive Ireneo- abitò nell'uomo, divenne Figlio dell'uomo per abituare l'uomo ad accogliere Dio e abituare Dio ad abitare nell'uomo secondo il beneplacito del Padre".
Morì martire sotto Settimio Severo verso il 202, dato che da quel tempo la Chiesa lo onora come tale.

domenica 27 giugno 2010

Santo del giorno, calendario comune, 27 giugno 2010

Oggi la Chiesa ricorda San Cirillo d Alessandria (370-444), vescovo di Alessandria e dottore della Chiesa. Fu il campione del concilio di Efeso del 431 contro Nestorio. In questo concilio si ebbe lo scontro fra i due più grandi patriarcati orientali dell'antichità, dovuto a diversi fattori non ultimo la diversità culturale dei due ambienti. L'antiocheno Nestorio era stato discepolo del grande esegeta della scuola antiochena, Teodoro di Mopsuestia; Cirillo di Alessandria si collocava invece nell'ambito della scuola origeniana che faceva del Logos la categoria principale di comprensione della fede cristiana. Se la scuola antiochena, con l'accentuazione delle due nature nel Cristo, mirava a salvagurdare, nel Verbo incarnato, tutto il divino e tutto l'umano, gli alessandrini, insistendo sull'unicità del Logos, quale unico soggetto del verbo incarnato, erano preoccupati di non porre in Cristo due soggetti a fronte, nel caso uno divino, il Logos, e uno umano, il Cristo. Nella distinzione dell'umano e del divino da parte di Nestorio gli s'imputava perciò di porre due figli in Cristo: il figlio di Maria, per cui Maria era la Christotokos o madre di Cristo e non la madre di Dio o Theotokos, ed il figlio divino del Padre, cioè il Logos. Fin dal 429 Cirillo, nella sua omelia pasquale, senza nominare Nestorio, gli addebitava tale pericolosa distinzione, spiegando come"Maria non ha partorito un uomo come tutti gli altri, ma il Figlio di Dio fatto uomo: Lei è dunque veramente Madre del Signore e Madre di Dio". Ad Efeso, dove le due parti furono convocate prevalse, non senza strascichi burrascosi, la posizione di Cirillo.
Terminiamo con una sua bella frase sull'opera del Verbo incarnato: "Il Signore è come un covone. Egli ci lega tutti a Lui. Ci unisce insieme, primizia dell'umanità riunita nella fede e destinata al cielo.... Anzi, quando il Signore è ritornato in vita e, in un solo atto, si è offerto a Dio come primizia dell'umanità, allora sicuramente tutti noi siamo stati trasformati in una vita novella".

Santo del giorno, calendario comune, 26 giugno 2010

Oggi la Chiesa ricorda un santo a me molto simpatico (oltre che esserlo oggettivamente, direi, data la sua indubitabile e rigogliosa carica umana), San Josemaria Escrivà de Balaguer (Barbastro, Spagna 1902-Roma 1975).
Fu il 2 Ottobre 1928 che il Signore fece vedere con chiarezza a don Josemaria Escrivà, nato a Barbastro (Spagna) il 9 gennaio 1902, ciò che aveva sempre presagito, fin da quindici anni, e come conseguenza si ebbe la fondazione dell'Opus Dei. Da quel giorno il fondatore si dedicò con grande zelo apostolico, a compiere la missione che Dio gli aveva affidato. Il 14 febbraio 1930 iniziò l'apostolato dell'Opus Dei con le donne e nel 1934 fu nominato rettore del patronato di Santa Elisabetta. Il 14 febbraio 1943 fondò la società sacerdotale della Santa Croce, inseparabilmente unita all'Opus Dei, che, oltre a permettere l'ordinazione sacerdotale di membri laici dell'Opus Dei e il loro inserimento a servizio dell'Opera, avrebbe più tardi consentito pure ai sacerdoti incardinati nelle diocesi di condividere la spiritualità e l'ascetica dell'Opus Dei, cercando la santità nell'esercizio dei doveri ministeriali, pur restando alle dipendenze del rispettivo ordinario diocesano.
Nel 1946 si trasferì a Roma, dove rimase fino alla fine della vita. Da Roma stimolò e guidò la diffusione dell'Opus Dei in tutto il mondo, prodigando tutte le sue energie nel dare agli uomini ed alle donne dell'Opera una solida formazione dottrinale, ascetica e apostolica. Josemaria troverà la morte a Roma, il 26 Giugno 1975. Alla morte del fondatore l'Opus Dei contava più di 60.000 membri, di ottanta nazionalità. Si apriva così nella Chiesa una nuova via, volta a promuovere, fra persone di ogni ceto, la ricerca della santità e l'esercizio dell'apostolato attraverso la santificazione del lavoro, in mezzo al mondo e senza cambiare di stato. L'Opus Dei è stato eretto in Prelatura personale da Giovanni Poalo II il 28 novembre 1982: è un'istituzione della Chiesa che intende promuovere fra i cristiani di tutte le condizioni sociali una vita coerente con la fede stando nel mondo, e evangelizzando così tutti gli ambienti della società. L'Opus Dei pone l'accento sulla santificazione attraverso le cose ordinarie, il lavoro, la cultura, la vita familiare. Il 6 Ottobre 2002 Josemaria Escrivà de Balaguer è stato canonizzato nel corso di una solenne cerimonia presieduta dal santo Padre Giovanni Paolo II, in piazza San Pietro, alla presenza di oltre trecentomila fedeli provenienti da ogni continente.

venerdì 25 giugno 2010

Santo del giorno, calendario comune, 25 giugno 2010

Oggi nella Chiesa si ricorda San Massimo di Torino (Italia settentrionale IV sec.- Torino 423 circa).
Egli fu il primo vescovo di Torino di cui si abbiano notizie sicure. Gli estremi dell'episcopato vengono posti tra il 381 ed il 465; periodo troppo lungo per un solo vescovo, per cui gli storici ne prendono in considerazione uno dottore, il nostro, ed un altro che figura in un sinodo milanese del 451 ed in un concilio romano del 465. Dei suoi scritti restano le omelie, monumento del suo genio e della sua santità, spesso riportate nella attuale liturgia delle ore, capolavoro di sapienza e di eloquenza cristiana. In esse San Massimo si rivela pastore mite e tollerante, ma all'occorrenza fermo e deciso contro il paganesimo e le eresie del suo tempo.

Santo del giorno, calendario comune, 24 giugno 2010

Oggi, nella Chiesa, si fa memoria della nascita di San Giovanni Battista, il precursore, che da un iniziale contesa nell'era cristiana fra i suoi discepoli è sempre più stato inquadrato dalla teologia nel corretto rapporto di una sua relatività al Cristo Messia. La nascita del Precursore viene mirabilmente descritta da Luca nel suo Vangelo (Lc. 1,13-17), sul modello letterario degli annunzi delle nascite dei personaggi biblici. L'angelo inviato da Dio traccia il profilo e l'identità spirituale di Giovanni secondo il modello del nazir, l'uomo consacrato a Dio che non deve bere vino nè bevande inebrianti. La sua missione è modellata su quella del profeta Elia, il grande riformatore annunziato da Malachia per il tempo del Messia. La nascita di Giovanni si pone quindi nella cornice del tempo messianico, caratterizzato dalla gioia, ribadita dall'incontro con Maria della madre Elisabetta, che interpreta i movimenti del bambino nel suo grembo come segno della gioia messianica. Gesù lo descrive come il più grande tra i nati di donna e lo fa entrare appieno nel movimento messianico, mentre, dal canto suo, Giovanni radica Gesù Messia nel terreno biblico e giudaico.

mercoledì 23 giugno 2010

Santo del giorno, calendario domenicano

Oggi il calendario domenicano ricorda Beato Innocenzo V (papa 1224-1276). Docente di teologia a Parigi e due volte provinciale di Francia, Pietro di Tarentaise, fu uno dei quattro redattori della prima "ratio studiorum" dell'Ordine ed autore di opere teologiche. Dovette accettare suo malgrado nomine a vescovo e cardinale. Con San Bonaventura fu uno dei principali artefici del Concilio di Lione, 1274, che tentò di mettere fine allo scisma di Oriente. Alla morte di Gregorio X, nel gennaio 1276, fu eletto Papa e prese il nome di Innocenzo V. Morì il 22 giugno dello stesso anno. Leone XIII ne confermò il culto il 14 marzo 1898.

martedì 22 giugno 2010

Santo del giorno, calendario comune 22 giugno 2010

Dal 361 Eusebio fu vescovo di Samosata, e, al tempo dell'imperatore Costanzo, visitò in incognito, vestito da militare, le chiese di Dio, per confermarle nella fede cattolica. Lottò contro l'arianesimo e trovo proprio la morte a Doliche (Siria), colpito al capo da una tegola lanciatagli da una donna ariana.

Santo del giorno, calendario comune, 21 giugno 2010

Oggi la Chiesa ricorda San Luigi Gonzaga (Castiglione delle Stiviere, Mantova 1568-Roma 1591). Destinato ad una fiorente carriera politica e militare rinunciò al mondo ed ai fasti della corte decidendosi per l'entrata in religione nell'Ordine dei gesuiti. I suoi primi discorsi affascinano gli ascoltatori prevedendogli una sicura carriera come predicatore. Ma Lui mai sufficientemente contento di sè abbraccia anche la carità verso gli sfortunati ( i poveri sono tra i suoi primi amori mai dimenticati). Ecco allora che quando scoppia una epidemia di tifo petecchiale a Roma, Luigi si presta tra i primi volontari. Gracile anche di salute, tuttavia un febbrone lo avvolge e lo avvia alla morte, vero "martire di carità". Di Lui Giovanni Paolo II disse nel 1991: "Il Padre misericordioso ha concesso a Luigi d'immolare la sua giovinezza in un servizio eroico di carità fraterna".

domenica 20 giugno 2010

Santo del giorno, calendario domenicano

Oggi il calendario domenicano ricorda la Beata Margherita Ebner (vergine, monaca, 1291-1351).
Nacque l'anno 1291 circa a Donauworth in Baviera e nella casa paterna venne istruita nelle virtù e nella scienza (beata Lei, davvero! Oggi quasi più nessuno ha questa fortuna, c'è davvero una emergenza famiglia; scusate l'inciso). Circa il 1306 scelse di entrare tra le monache dell'Ordine dei Predicatori, nel monastero di Medingen (diocesi di Ausburg), dedicato alla Vergine Assunta. Maturò progressivamente verso la piena conversione "salutare per lei, esemplare per gli uomini, gioconda per gli angeli, gradita a Dio". Arricchitasi dei doni dello Spirito Santo, unita ai dolori di Cristo per mezzo di molte sofferenze, con un quotidiano progresso della mente verso Dio attraverso tutti i gradi della contemplazione, raggiunse la somma unione dell'anima con Lui nel 1347.
Margherita è una delle principali mistiche renane che nel secolo XIV fiorirono in più di 70 monasteri dell'Ordine domenicano in Germania. Lasciò anche alcune opere in forma di diario e autobiografica sulle sue esperienze mistiche. Morì il 20 giugno 1351 ed è sepolta a Medingen. Giovanni Paolo II ne confermò e ratificò il culto il 24 febbraio 1979.

venerdì 18 giugno 2010

Santo del giorno, calendario comune

Oggi la Chiesa ricorda San Romualdo (Ravenna, ca. 953-Val di Castro (Marche) 1027). Di famiglia nobile (nato a Ravenna da famiglia ducale) dedicò quasi tutta la sua esistenza alla fondazione della vita eremitica, peregrinando in molteplici luoghi, sempre insoddisfatto dei risultati raggiunti e sempre in cerca di poter esprimere al meglio il suo amore per Gesù, in un ambiente austero, lontano dal mondo. Queste le tappe principali della sua peregrinazione. Intorno al 953 divenne monaco nel monastero di Sant'Apollinare in Classe nella sua stessa città. Insoddisfatto della vita che vi si conduceva, spesso coinvolto nei contrasti tra le nobili famiglie cittadine, dopo 3 anni, Romualdo decise di lasciare il monastero per seguire un eremita di nome Marino, che viveva nell'area lagunare veneta: un uomo pio, ma poco dotato della virtù della discrezione nella pratica della vita eremitica. I due asceti si trasferirono a Venezia, dove la personalità di Romualdo godeva di grande stima. Intorno a lui si costituì ben presto un piccolo gruppo di uomini distinti dalla società. A Romualdo e Marino si unì lo stesso doge Pietro Orseolo I, che lasciò la carriera politica attratto dalla vita solitaria. Altri due nobili veneziani, Giovanni Gradenigo e Giovanni Morosini ne seguirono l'esempio. Quando, nel 978, giunse a Venezia Guarino, abate di San Michele di Cuxà, il famoso monastero dei Pirenei orientali, il piccolo gruppo dei veneziani lo seguì. Fermatosi in una cella eremitica presso il monastero si dedicò insieme al Gradenigo ai lavori manuali e divenne esperto della vita ascetica, e dal gruppo dei veneziani fu riconosciuto come maestro senza tuttavia assumere il ruolo formale di abate. Dopo dieci anni la feconda esperienza di Cuxà fu interrotta: da Ravenna giunse notizia che il padre di Romualdo, Sergio, che dopo la partenza del figlio aveva abbracciato la vita monastica, ora stava per abbandonarla. Il santo ritornò in Italia da solo, e costrinse il padre a rientrare nel monastero di San Severo in Classe, mentre gli altri compagni si diressero verso Montecassino. Da allora Romualdo trascorse la sua vita eremitica in varie località: prima nella palude di Classe, e poi in eremi che si scelse nell'appennino umbro-marchigiano; ma nel contempo fondando o riformando anche monasteri di cenobiti, presso i quali, a volte fissò la propria dimora senza peraltro entrare a far parte della comunità. Una pausa in questo suo stile di vita si ebbe, quando ritornato all'eremitismo lacunare, venne ad icontrarlo, nell'isola del Pereo a 15 Km. da Ravenna, in cui si era rifugiato, il giovane imperatore Ottone III, che lo voleva suo collaboratore nella riforma della Chiesa che stava intraprendendo, e per questo lo volle abate di Sant'Apollinare in classe. Dopo 2 anni, tuttavia, non avendo ottenuto i risultati sperati, rimise il mandato nelle mani dell'imperatore e riprese il peregrinare, dirigendosi questa volta verso Roma e l'Italia meridionale. A Roma incontrò Bruno di Querfurt, cappellano dell'imperatore, il quale, con altri personaggi della corte, seguì Romualdo nell'isola del Pereo, per vivere sotto la guida discreta di Romualdo. Scrisse San Pier Damiani: "Chi mai non sarebbe stato colpito, chi non avrebbe glorificato la potenza di Dio, alla vista di questi uomini fino a ieri vestiti di seta e di oro, pieni di agi, abituati a tutte le raffinatezze, ed ora con il saio, in clausura, scalzi, sporchi, consumati dal digiuno?"
Un giorno ritornò nell'isola l'imperatore Ottone III con un'altra richiesta. Il duca di Polonia chiedeva a Romualdo di mandargli alcuni fratelli per condurre vita solitaria nelle foreste dell'Est, e nello stesso tempo per essere testimoni del Vangelo tra le tribù ancora pagane. Romualdo, per quanto rattristato dalla partenza di due monaci, Giovanni e Benedetto, che si erano subito offerti, li lasciò partire, temendo che non sarebbero più tornati. Ed in effetti, dopo due anni, l'11 novembre 1003 furono assassinati e stessa sorte toccò a Bruno nel 1009, dopo che aveva scritta una "Vita dei cinque fratelli" in memoria dei suoi compagni uccisi. Per quanto sfiorato dalla inclinazione ad evangelizzare i pagani, Romualdo decise di perseverare nel suo tradizionale stile di vita. La sua regola, non fissata in norme giuridiche, secondo un suo discepolo era questa: "Siedi in cella come in paradiso. Dimentica e gettati dietro le spalle tutto il mondo, vigile e attento ai buoni pensieri come un buon pescatore ai pesci. Unica via il Salterio: se tu che sei novizio non puoi capire tutto, ora qui ora là, cerca di salmeggiare in ispirito e studiati di intendere con la mente; e quando nel leggere cominci a divagarti, non smettere e non perderti d'animo, ma cerca di riparare con il richiamare l'attenzione. Mettiti innanzi tutto alla presenza di Dio, perchè se la mamma non dona, non c'è da mangiare ed il cibo non ha sapore". Romualdo si mantenne fedele a questo programma. Dopo un breve soggiorno ad Istria nel corso del quale ebbe alcune esperienze mistiche (dono delle lacrime, comprensione di alcuni segreti scritturali, unione mistica nella preghiera) finalmente nel 1023 raggiunse la tappa culmine della sua vita fondando a Camaldoli, nel territorio di Arezzo, alcune celle eremitiche. A questo eremo ben presto affiancò un ospizio che in seguito diverrà un vero e proprio cenobio a protezione dell'eremo. Successivamente il Beato Rodolfo (1074-1089) quarto priore ell'eremo, redasse il primo corpo legislativo di quella che poi divenne la Congregazione camaldolese. Ancora oggi esistono i Padri Camaldolesi ed attualmente risultano promotori di varie attività, fra le quali spicca, nella novità del concilio Vaticano II (documento "Nostra aetate"), la promozione del dialogo ebraico-cristiano.
Intanto il nostro santo Romualdo continuò le sue peregrinazioni e giunto al monastero di Val di Castro solo ed in silenzio nella sua cella morì il 19 giugno del 1027.
Sulla tomba di Romualdo a Val di Castro fu eretto un altare, e molti venivano a venerare le reliquie del singolare profeta di Dio. Nel 1140 il corpo del santo fu inumato in un sarcofago della Chiesa camaldolese di San Biagio di Fabriano, dove si conserva tuttora.

giovedì 17 giugno 2010

Santo del giorno, calendario domenicano

Oggi il calendario domenicano riporta la Beata Osanna da Mantova (vergine, laica domenicana 1449-1505).
Osanna Andreasi entrò a 14 anni nel terz'Ordine secolare dopo una fanciullezza ricca di fenomeni straordinari. A partire da 18 anni si immedesimò così tanto nella passione di Cristo, da provarne molti dei suoi tormenti. La generosa pratica delle virtù cristiane, particolarmente dell'umiltà e della carità non le impedì di assumere (1478) la reggenza del ducato di Mantova durante l'assenza del duca Federico di Gonzaga. Fu pure consigliera del successore di lui, Francesco II e della sua giovane sposa Isabella d'Este. Ha lasciato un ricco epistolario nel quale dimostra di saper unire mirabilmente la più alta contemplazione alle responsabilità di governo ed alle opere di bene. Il suo culto già approvato per Mantova (1515) fu confermato da Innocenzo XII (1694) ed esteso a tutto l'Ordine il 27 novembre 1694.

Santo del giorno, calendario comune

Oggi si celebra la memoria di San Ranieri (Pisa: 1118-1161). E' un ragazzo vivace: la leggenda vuole che il pizzicagnolo gli abbia tagliato il dito, quando ha tentato di rubargli il formaggio. Ha una giovinezza abbastanza spensierata, come si addice ad una famiglia inserita nei traffici marittimi della fiorente Pisa, ma non dissipata. Egli però è attratto dalle cose dello spirito. Una svolta nella sua vita si ha quando va a trovare Alberto, un pellegrino corso, che incontra in un vicino monastero. Questi ha fama di santo. Anche lui sull'esempio di questo santo vuole farsi pellegrino per la Terrasanta, in un epoca in cui pellegrinaggio significa vivere radicalmente povertà e penitenza, elemosinando il cibo. La sua borsa da viaggio contiene il libro dei salmi e nient'altro. Per tredici anni, vive al modo degli antichi Padri del deserto. E la notizia viene diffusa via via in patria dai pisani che frequentano la Palestina per commercio. Sono innanzitutto i loro racconti a divulgare la fama di Ranieri, a creargli un alone di santità. E quando nel 1153 lui ricompare a Pisa, tutti gli fanno già festa, con un'ammirazione che si consolida nel vedere come lui vive. Ranieri non è prete, nè monaco, non ha gli ordini, non pare che abbia fatto molti studi. Eppure si va a cercarlo per consiglio, per trovare incoraggiamento o speranza. Ancora pellegrino in patria fra alcuni monasteri diventa anche guaritore: gli portano i malati. Giorno per giorno si dona ai suoi concittadini e così alla morte lo si proclama patrono della città ed ancor oggi, ogni anno alla vigilia della sua festa, migliaia di luci si accendono lungo l'Arno e sull'Arno per onorarlo: è la plurisecolare luminaria pisana seguita, il giorno dopo, dalla regata storica.

mercoledì 16 giugno 2010

Santo del giorno, calendario comune

Oggi la Chiesa ricorda due martiri in un quadro molto tenero ed edificante, per quanto terribile come accadimento. Questi sono i fatti. Durante la persecuzione di Diocleziano ad Iconio, città della Licaonia (odierna Turchia), si trovava Giulitta, donna ricca e nobile, la quale era rimasta vedova con un figlio in tenera età, Quirico. Lasciata la sua città ed i suoi averi, per sfuggire alla persecuzione, scese con le sue ancelle verso la Seleucia. Ritenne però prudente proseguire per Tarso, in Cilicia, dove fu comunque raggiunta e fatta arrestare col suo bambino dal governatore romano Alessandro, con l'accusa di essere cristiana. Sottoposta a lunghi interrogatori per farla abiurare, rifiutandosi di sacrificare agli dei, confessò la sua fede. Una leggenda narra che Alessandro teneva il fanciullo sulle sue ginocchia. Quirico, vista la madre sofferente e sentite le sue parole, si disse anch'egli cristiano e morì scaraventato a terra dal governatore. La madre, pur impietrita dal dolore, restò ferma nella fede. Poi, dopo strazianti torture, fu consegnata al boia per essere decapitata. Questo martirio di uno dei più giovani martiri cristiani con la madre si colloca intorno al 304.

martedì 15 giugno 2010

Santo del giorno, calendario comune

Oggi il calendario dei santi della Chiesa cattolica ricorda un altro profeta, Sant'Amos, attivo nell'VIII secolo a.C.. Faceva il contadino a Tekoa, nel regno del Sud, e qui riceve l'ordine dal signore di andare nel regno del Nord a predicare la sua parola. Lasciate le sue cose, entra nel regno del nord cui è a capo Geroboamo II (783-743 a.C.), un tempo di straordinaria prosperità, ed anche di religione intensa, si direbbe. C'è sempre folla nei santuari nazionali di Bet-El e di Dan, con offerte abbandonati e riti solenni. Amos, fedele alla chiamata, arriva appunto a Bet-El per rovinare la festa dei ricchi, per far vergognare i compiaciuti. Questo è l'incarico. Eccolo tra la folla, mentre profetizza sventure ai nemici di Israele per i loro misfatti. Denuncia come lo sfarzo esteriore della ricchezza si accompagna all'ingiustizia (truffe in commercio, nel peso, nella moneta, sfruttamento dei poveri, usura spietata, schiavitù per il debitore). Ecco allora che non serve adornare i templi, quanto vivere con pietà. La sua predicazione risveglia contro di lui l'attenzione delle autorità, che, per mano di Amasia, a sua volta inviato dal re, gli intima di lasciare il paese, per tornare a casa sua. Lui forse obbedisce (da questo momento non si hanno più notizie su di lui), ma intanto risponde per le rime annunciando una serie di sventure per Amasia stesso, la moglie, i figli ed infine il regno, che in effetti sarà abbattuto dagli Assiri nel 722 a. C.. Gli studiosi, circa la paternità del libro corrispondente, sono divisi fra coloro che ne attribuiscono la paternità allo stesso profeta e quelli che ne reclamano la formazione graduale per mano di una scuola amosiana.

lunedì 14 giugno 2010

Santo del giorno, calendario comune

Oggi la Chiesa ricorda il grande profeta Sant'Eliseo. Di origine contadina fu scelto da Dio per una difficile missione, quella di continuare l'opera del grande profeta Elia, divenendo la figura dominante del IX sec. a.C.. Indicato da Elia come suo successore, saluta la famiglia improvvisando un banchetto con la sua gente. Il passaggio del testimone avviene con un gesto altamente simbolico: Elia gli getta addosso il proprio mantello. Con questo, dopo che Elia sparisce su un carro di fuoco, ricomparendo solo all'epoca di Gesù nell'episodio del monte Tabor, separa le acque del Giordano passando a piede asciutto. Numerosi sono comunque i prodigi che compie: a Gerico, ad esempio, rende potabile l'acqua della fontana spargendovi sale. Qualche episodio lascia un pò perplessi: mentre è incamminato verso Betel alcuni ragazzi gli gridano sulla strada "Vieni su, testa pelata!" e Lui li maledice facendo uscire dalla foresta due orsi che ne sbranano una quarantina. Comunque secondo il biblista Bruno Maggioni questo sarebbe un racconto atto ad instillare nei ragazzi il rispetto verso l'uomo di Dio. Poi moltiplica l'olio della vedova di Sarepta, quindi a Galgala purifica una minestra avvelenata; moltiplica dei pani d'orzo per sfamare un centinaio di discepoli; fa avere un figlio alla Sunnamita eppoi lo risuscita, dopo che era morto; guarisce dalla lebbra Naaman il siro, episodio ricordato anche nel Vangelo. In vita Eliseo aveva preso parte anche agli avvenimenti politici del suo paese, esercitando un influsso importante, sempre valendosi del suo potere dei miracoli; ed allora aveva salvato dalla sete gli eserciti di Israele; svela al re i luoghi delle imboscate nemiche, mentre durante l'assedio di Samaria predice la fine della carestia e la vittoria che puntualmente avverrà. Infine per mezzo di un suo discepolo fa ungere segretamente Iehu come re d'Israele, con l'incarico di sterminare Acab, l'empio sovrano contro cui aveva lottato Elia.
Anche da morto fa prodigi: risuscita un defunto che era stato adagiato sul suo sepolcro.
In Occidente, la sua festa liturgica (14 giugno, appunto) venne propagata dai carmelitani che lo considerano il loro secondo fondatore.

domenica 13 giugno 2010

dolore

Un tempo proclamavo la povertà,
ora la fetida stoltezza provoca inganni
e nessun discorso sembra piantarsi
su una base di verità, tranne il dolore,
che si è innestato in questa generazione
a cui non ha giovato lo scuotersi del giogo.
Anzi il dolore si è accanito nella stoltezza irredenta,
e non vuole lasciarci, e nessuno vuol darci pace
perchè è inutile essere saggi in un mondo di pazzi,
in un mondo che vuol rendere tutto mobile, anche
la stabilità di Dio. Allora può essere disobbedienza
anche volerlo accettare, quando il sangue predica ribellione
ogni dove.
Maria addolorata addolcisca le nostre ferite con il suo amore
di Madre, che ci partorisce alla luce attraverso la croce.

Santo del giorno, calendario comune

Oggi 13 Giugno la Chiesa ricorda Sant'Antonio da Padova (Lisbona 1195 circa-Padova 1231). Nasce a Lisbona da una nobile famiglia, che si diceva discendere da Goffredo di Buglione.
I biografi, forse basandosi sul modello francescano, forse rifacendosi al topos nobili natali-lusso-armi-facilità al peccato, lo hanno ritratto come un giovane in procinto di perdersi, ma che comunque, alla fine, sceglie con decisione la via della testimonianza di fede. Infatti all'età di 15 anni, quelli della maggiore età, allora, in cui si sceglieva lo stato di vita, lo ritroviamo fra i canonici regolari agostiniani di Lisbona, titolari per volontà di re Alfonso I del Portogallo e della regina Mafalda di Savoia, dell'abbazia di San Vincenzo, appena fuori città, che era un importante centro di studio e di apostolato. La vita della comunità agostiniana di Coimbra era però turbata dalle tensioni interne delle quali era a quel che sembra responsabile un priore corrotto, a nome Giovanni. Stanco di un clima disordinato e comunque inquieto, e d'altro canto sconvolto per le notizie che venivano dal Marocco, dove erano stati martirizzati cinque frati francescani (Berardo, Pietro, Ottone, Adiuto, Accorsio), che erano passati per il Portogallo, ben accolti dalla regina Urraca, che aveva affidato loro l'eremo di Sant'Antonio di Olivares, decise di passare nel 1220 al nuovo Ordine, assumendo il nome del patrono di quel primo insediamento francescano lusitano.
Il passaggio dagli agostiniani ai francescani non dovette essere indolore. I suoi ex-confratelli gli rimproverarono il peccato di superbia: aveva sete di santità, cioè sete di gloria. Dal canto suo, Antonio sentiva semmai con forza la vocazione alla predicazione verso gli infedeli ed al martirio, sul modello dei cinque frati minori uccisi in Marocco. Si indirizzò, pertanto, al suo diretto superiore, fra Giovanni Parenti, allora provinciale di Spagna e del Portogallo, che aveva incontrato il giorno della traslazione, all'eremo di Olivares, dei resti dei martiri del Marocco e che l'aveva accolto nell'Ordine dei frati Minori: gli confidò il suo desiderio e ottenne il permesso di partire. Nell'autunno del 1220 s'imbarcò con un confratello, fra Filippino di Castiglia, per il Marocco. Ma la vicenda africana si sviluppò in modo molto diverso da come egli avrebbe voluto. Colpito da malaria si lasciò convincere a rientrare in Portogallo, ma, durante il viaggio di ritorno, una tempesta lo spinse sulle coste della Sicilia orientale. Lì dai confratelli messinesi egli apprese che Franscesco stava convocando i frati alla Porziuncola di Assisi per il Capitolo generale di Pentecoste del 1221, quello durante il quale sarebbe stato presentato il testo della Regola. Decise pertanto di recarsi ad Assisi, insieme con i francescani di Messina, ed incontrare finalmente il fondatore. E' molto probabile che in realtà non vi sia stato nell'occasione alcun incontro diretto fra Francesco ed Antonio, che comunque entrò in rapporto con Fra Graziano, ministro provinciale di Romagna, che lo accolse con lui e lo destinò all'eremo di Montepaolo, fra Predappio e Castrocaro, sulle colline che, da Forlì, guardano verso la Toscana. Lì condusse l'esistenza del novizio, svolgendo lavori umili e pesanti: ma sembra che quasi per caso gli capitò di predicare, senza alcuna esperienza, nella cattedrale di Forlì, durante la Quaresima o, secondo altri, alla fine del 1222. L'impressione provocata dalla spontanea eloquenza-nutrita tuttavia da severi studi condotti nel decennio dell'esperienza presso i canonici agostiniani- fu tale e tanta ch'egli divenne di colpo famoso. Antonio, sparsa la sua fama, si accorse ben presto che per controbattere l'eresia fosse necessaria una solida preparazione dottrinale, e pur probabilmente scontrandosi con il Padre Francesco, notoriamente avverso ai libri, riuscì a spuntarla ed ottene quindi l'autorizzazione di fondare lo Studio teologico francescano di Bologna, presso il convento di Santa Maria della Pugliola. Si intensifica così la sua attività di predicazione intercalata da numerosi miracoli, fra i quali si ricordano principalmente quelli numerosi a favore dei bambini, nella sua ultima residenza, un albero di noce a Camposampiero, ad una quindicina di Km. da Padova. Qui anche morì e dopo una lunga e complessa diatriba fu possibile trasportarlo nella cattedrale padovana di Santa Maria Mater Domini. L'arca di marmo nella quale fu deposto divenne ben presto meta di pellegrinaggi, che continuano anche oggi, in occasione dei quali si registrano sovente vari miracoli. Acclamato santo dal popolo, immediatamente dopo la morte, ha ricevuto anche da Pio XII il titolo di doctor evangelicus per la costante adesione al Vangelo della sua predicazione.

sabato 12 giugno 2010

Santo del giorno, calendario domenicano

Oggi l'Ordine domenicano ricorda il Beato Stefano Bandelli, sacerdote (1369-1450).
Nativo di Castelnuovo Scrivia (Alessandria), Stefano entrò dapprima nell'Ordine degli Umiliati, poi ricevette l'abito domenicano a Piacenza. Esattezza nell'osservanza della Regola e vivissima passione per lo studio caratterizzano gli anni di preparazione all'apostolato. Ordinario di teologia all'Università di Pavia (1427-1432) e dottore in diritto canonico, alternò all'insegnamento una brillante ed efficace predicazione che gli meritò l'appellativo di "secondo San Paolo". Morì l'11 giugno a Saluzzo e il suo corpo si trova nella chiesa di San Giovanni Battista; la città lo elesse patrono per aver ottenuto miracolosamente da lui, nel 1487, la liberazione da un terribile assedio.
Pio IX ne confermò il culto il 21 febbraio 1856.

giovedì 10 giugno 2010

Santo del giorno, calendario comune

Oggi la Chiesa ricorda San Barnaba, apostolo del I° secolo.
Barnaba è il soprannome dell'ebreo Giuseppe, nativo di Cipro, il quale vende il suo campo e consegna il ricavato ai piedi degli apostoli, a Gerusalemme. Barnaba è un nome aramaico che significa "figlio dell'esortazione". Fu Lui in particolare a garantire per Paolo appena convertito; basta la sua parola e Saulo, che poi si chiamerà Paolo, "potè stare con loro". Dapprima compagno fisso di Paolo nella missione agli ebrei convertiti e quindi ai pagani, se ne staccò successivamente per il fatto di Marco, che i due apostoli portarono dietro nella loro prima missione verso Cipro e l'Asia Minore, ma siccome il futuro evangelista li abbandonò, Paolo non volle portarlo con sè una seconda volta, contrariamente al parere di Barnaba che insisteva perchè Marco fosse con loro, e da qui la rottura. Allora gli "Atti" dicono ancora che "Barnaba, prendendo con sè Marco, s'imbarcò per Cipro".
Nella prima lettera ai Corinzi, Paolo ricorda che, come lui, anche Barnaba, si manteneva con il suo lavoro.

Santo del giorno, calendario domenicano

Oggi il calendario domenicano ricorda il Beato Giovanni Dominici (1355-1419). Superando le resistenze degli stessi frati, a diciassette anni, in Santa Maria Novella di Firenze, vestì l'abito domenicano Giovanni Banchini (o Bacchini) detto "Dominici" - di Domenico - probabilmente dal nome paterno. Lo zelo ardente per l'osservanza regolare ne fece un campione ardente della restaurazione italiana intrapresa dal beato Raimondo da Capua. Fondò a Venezia (1395) coi discepoli di Caterina da Siena, il monastero "Corpus Christi" ed il convento di San Domenico di Fiesole, avamposto della riforma e fucina di santi. All'instancabile ministero della parola (il Dominici riuscì a vincere una balbuzie congenita) egli associò una rara efficacia di scrittore e la "Lucula noctis", la "Regola del governo di cura familiare", il "Libro d'amore di carità" testimoniano il poderoso tentativo di arginare l'umanesimo paganeggiante. Ambasciatore di Firenze presso il pontefice (1406), si meritò l'illimitata fiducia di Gregorio XII che lo creò arcivescovo di Ragusa in Dalmazia e cardinale (1408). Si valse della sua ascendenza verso questo papa per indurlo alle dimissioni nel corso del concilio di Costanza dove si ebbe la decadenza dei 3 papi allora in carica, così da scongiurare un incipiente letale scisma nella Chiesa d'Occidente. Anche il nuovo papa Martino V, eletto al termine della controversia, gratificò l'austero frate della medesima stima, inviandolo in missione in Boemia ed Ungheria a debellare il movimento ussita. Durante questa missione morì a Buda il 10 giugno 1419.

mercoledì 9 giugno 2010

Santo del giorno, calendario comune

A dire il vero Sant'Efrem è oggi; abbiamo anticipato di un giorno, forse presi dalla commozione di questo grande santo. A tutti un caro saluto.

Oggi la Chiesa ricorda il davvero grandissimo Sant'Efrem Siro, il più grando cantore e poeta della Madonna di ogni tempo.
E' anche uno dei maestri più insigni della Chiesa siriaca, chiamato anche "arpa dello Spirito Santo".
Il giovane Efrem studia a Nisibi con un maestro eccezionale: il vescovo Giacomo, uno dei padri del Concilio di Nicea del 325. Questi lo segue negli studi e poi lo aiuta a fondare e guidare una scuola di teologia. Così diventa maestro di futuri sacerdoti. Quando la sua terra è teatro della guerra fra l'impero romano e quello di Persia, egli abbandona la città e si rifugia ad Edessa in Siria. Vi resterà fino alla morte, continuando il suo lavoro di predicatore, di insegnante, di scrittore. In particolare Efrem eccelle nella poesia con cui trasfonde nel discorso teologico una ricchezza fantasiosa di espressioni, che lo rende diverso dai teologi occidentali.
Le sue prediche e i suoi scritti, anche di argomento teologico, hanno a volte la risonanza di poemi parlati, con una loro cadenza ritmica che li rende attraenti e soprattutto più facili da ricordare e citare. Con una ricchezza di immagini e di paragoni che invece non sono troppo vicini al gusto occidentale. Efrem, poi, non conosce il greco, e questo lo rende estraneo, lo tiene fuori dai grandi dibattiti teologici che si svolgono in questa lingua.
Questa "arpa dello Spirito Santo" riceve un altro soprannome tra i suoi: "poeta della Vergine". In questo campo è quasi un pioniere. E' certamente un testimone di quanto sia antica la venerazione per la Madre di Gesù. Compose, infatti, molti inni in onore di Maria, cantati, ancor oggi, nella Chiesa caldea, specialmente in tre grandi feste dedicate alla Madonna: quella natalizia detta "delle congratulazioni"; quella del 15 maggio, che invoca la protezione di Maria sulle campagne, come "Nostra Signora delle sementi" e infine quella dell'Assunzione il 15 Agosto. Nel XX secolo, papa Benedetto XV ha proclamato sant'Efrem Siro dottore della Chiesa.

martedì 8 giugno 2010

Santo del giorno, calendario comune

Oggi la Chiesa ricorda il davvero grandissimo Sant'Efrem Siro, il più grando cantore e poeta della Madonna di ogni tempo.
E' anche uno dei maestri più insigni della Chiesa siriaca, chiamato anche "arpa dello Spirito Santo".
Il giovane Efrem studia a Nisibi con un maestro eccezionale: il vescovo Giacomo, uno dei padri del Concilio di Nicea del 325. Questi lo segue negli studi e poi lo aiuta a fondare e guidare una scuola di teologia. Così diventa maestro di futuri sacerdoti. Quando la sua terra è teatro della guerra fra l'impero romano e quello di Persia, egli abbandona la città e si rifugia ad Edessa in Siria. Vi resterà fino alla morte, continuando il suo lavoro di predicatore, di insegnante, di scrittore. In particolare Efrem eccelle nella poesia con cui trasfonde nel discorso teologico una ricchezza fantasiosa di espressioni, che lo rende diverso dai teologi occidentali.
Le sue prediche e i suoi scritti, anche di argomento teologico, hanno a volte la risonanza di poemi parlati, con una loro cadenza ritmica che li rende attraenti e soprattutto più facili da ricordare e citare. Con una ricchezza di immagini e di paragoni che invece non sono troppo vicini al gusto occidentale. Efrem, poi, non conosce il greco, e questo lo rende estraneo, lo tiene fuori dai grandi dibattiti teologici che si svolgono in questa lingua.
Questa "arpa dello Spirito Santo" riceve un altro soprannome tra i suoi: "poeta della Vergine". In questo campo è quasi un pioniere. E' certamente un testimone di quanto sia antica la venerazione per la Madre di Gesù. Compose, infatti, molti inni in onore di Maria, cantati, ancor oggi, nella Chiesa caldea, specialmente in tre grandi feste dedicate alla Madonna: quella natalizia detta "delle congratulazioni"; quella del 15 maggio, che invoca la protezione di Maria sulle campagne, come "Nostra Signora delle sementi" e infine quella dell'Assunzione il 15 Agosto. Nel XX secolo, papa Benedetto XV ha proclamato sant'Efrem Siro dottore della Chiesa.

lunedì 7 giugno 2010

Santo del giorno, calendario domenicano

Oggi anche il calendario domenicano ricorda due figure, quelle della Beate Diana e Cecilia.
Diana Andalò di famiglia nobile, trae mandato da San Domenico ad abbracciare la vita del Secondo Ordine. Anche la sua famiglia la sostiene cedendo un terreno ai frati predicatori, dove sorgerà San Niccolò delle Vigne. Intanto il 29 Giugno 1223 riceve dal Beato Giordano il sospiratissimo abito.
Tra le suore mandate da San Sisto di Roma per seguire il programma del fondatore vi era anche suor Cecilia, che aveva ricevuto l'abito da San Domenico e che le cronache ritraggono come persona che ben incarna il volto luminoso della santità.
Furono canonizzate da Leone XIII Diana l'8 Agosto 1888 e Cecilia il 24 Dicembre 1891.

Santo del giorno, calendario comune

Oggi la Chiesa ricorda Sant'Antonio Maria Gianelli (Chiavari 1789-Piacenza 1846).
Sacerdote, uscito dal seminario vi ritorna presto come insegnante. Due le direttrici della sua attività: sotto il profilo di vita attiva assiste i poveri, sul piano contemplativo insegna e si dedica in particolare agli esercizi spirituale a favore del clero e dei fedeli.
Anzi, fonda pure un sodalizio di preti, i Missionari di Sant'Alfonso Maria dei Liguori, specializzati nella particolare missione di predicare gli esercizi spirituali al clero ed ai fedeli. Nel 1829 aggiunge anche una congregazione femminile, le figlie di santa Maria Santissima dell'Orto.
Nel 1838 è nominato vescovo di Bobbio (Piacenza). Molto severo con il clero allontana chi non segue le direttive della sua congregazione, specializzata nella formazione del clero. Mentre la sua congregazione sta espandendosi, ora, anche all'estero, muore durante un soggiorno a Piacenza.
Beatificato da Pio XI nel 1925, viene fatto santo da Pio XII nel 1951. I suoi resti sono a Bobbio nella basilica di San Colombano.

domenica 6 giugno 2010

Santo del giorno, calendario comune

Oggi la Chiesa ricorda San Norberto, fondatore dei premonstratensi (Xanten Ger. 1085-1134 Magdeburgo).
Il suo inizio della carriera ecclesiastica non è dei più promettenti. Arriva ad essere suddiacono e lì si ferma. Sta un pò al servizio dell'arcivescovo di Colonia, poi va al seguito dell'imperatore Enrico V. E non si rovina con le penitenze. Più feste che preghiere, più banchetti che digiuni. Chiaro esempio di come non deve essere un ecclesiastico, come molti della sua epoca. Ma nel 1115 la svolta: mentre è in viaggio un fulmine lo sfiora, lo tramortisce e lui non ha dubbi: questo è un segnale di Dio, forse ultimo avviso. Ripresi allora gli studi, è ordinato sacerdote e comincia a viaggiare, sempre a piedi nudi. Predica ai cristiani, ma soprattutto ai preti: prima del gregge bisogna raddrizzare i pastori.
Nel 1120 si ferma a Laon, in Francia: ottiene dal vescovo Bartolomeo una valletta incolta e vi si stabilisce con alcuni compagni. E con un progetto: creare una comunità di votati alla parola ed all'esempio. Così nel 1121 nasce un Ordine religioso che, dal nome della valle, Premontrè, si chiama premonstratense. La disciplina è monastica: vita in comune, con lavoro e preghiera, diurna e notturna, ma con più la predicazione esterna. Dunque una comunità legata sì al monachesimo classico, ma anche chiamata all'evangelizzazione "fuori". Norberto anticipa in parte quella che sarà poi la missione di francescani, domenicani e altri ordini mendicanti.
Norberto viene poi nominato arcivescovo di Magdeburgo nel 1126. Nella lotta fra il papa e l'antipapa, drammi abbastanza comuni ai suoi tempi, si schiera con Innocenzo II, difeso da San Bernardo e da questo papa fa incoronare Lotario, il re tedesco che voleva l'incoronazione papale, ma era indeciso fra quale dei due.
Intanto il suo Ordine, alle origini, si occupa della evangelizzazione dei popoli dell'est Europa, dove vi dissodano terre, bonificano paludi (anche in Olanda) e si espandono anche in Terra Santa, dove molti vengono uccisi. Nei secoli XIII e XIV l'ordine si espande, ma con le guerre di religione prima e con la rivoluzione francese poi, esso sembra avere una battuta di arresto. Anzi nel 1834 muore il generale dell'Ordine e non ha successori. Ma nel 1869 si avvia la rinascita, e ora i premonstratensi sono presenti e operanti nella Chiesa.
Una nota ancora sulla canonizzazione del nostro santo. San Norberto muore nella sede arcivescovile di Magdeburgo nel 1134 e verrà proclamato santo da papa Gregorio XIII nel 1582. Infine le spoglie di San Norberto, all'inizio dell'anno 1627, furono deposte nella Chiesa del cenobio dei canonici premonstratensi a Strahov, nella città di Praga. In questa chiesa, poco dopo, in suo onore fu innalzato uno splendido altare.

sabato 5 giugno 2010

Santo del giorno, calendario comune

Oggi la Chiesa ricorda San Bonifacio (Crediton, 673 c.ca – Dokkum, 5 giugno 754).
Il suo nome di battesimo era Vinfrido. Entrato nelle fila del monachesimo anglosassone diede lo slancio decisivo all'evangelizzazione della Germania ad est del Reno ed al rinnovamento della Chiesa franca. Egli fu quindi il creatore della struttura episcopale germanica. Questa la sua storia.
Nato da una famiglia nobile del Wessex, all'età di sette anni era stato affidato al monastero di Exeter per esservi educato. Più tardi entrò nell'abbazia di Nursling, presso Winchester, dove completò gli studi, fu ordinato sacerdote e si rivelò apprezzato maestro, attirando numerosi discepoli.
All'età di 40 anni, secondo il costume della sua terra, intraprese un viaggio, con lo scopo missionario di convertire i Sassoni del continente. Si recò pertanto in Frisia dove aveva operato Villibrordo, senza poterlo incontrare, a causa della ribellione dei frisoni contro i franchi di Carlo Martello, e dovette far ritorno in Inghilterra.
Ma tre anni dopo ne ripartì nuovamente e raggiunse Roma, dove papa Gregorio II gli conferì il mandato di evangelizzare i germani con il titolo di legato apostolico e gli impose un nuovo nome, Bonifacio da allora sempre usato da Vinfrido.
Bonifacio aveva compreso che era necessario presentarsi ai popoli da evangelizzare con il prestigio di una missione ufficiale da parte del capo della Chiesa e con la potente protezione dei franchi. Prima di iniziare la sua missione si fermò tre anni presso Villibrordo, in una sorta di apprendistato.
La sua missione cominciò dall'Assia e da qui si propagò con rapidi successi, ed ebbe un momento spettacolare quando Bonifacio fece abbattere un importante simbolo del mondo pagano, la secolare quercia sacra di Geismar, con il cui legno ordinò di edificare la chiesa dedicata a San Pietro a Fritzlar.
Fu consacrato arcivescovo e, dopo aver consolidato le strutture ecclesiastiche, favorì lo storico patto fra i franchi ed il papato.
Avanti negli anni si ritirò nel monastero di Fulda , grande centro monastico di cultura e spiritualità, progettato dal discepolo Sturmio, sull'esempio di Montecassino.
Ormai ottantenne, mentre si recava in Frisia orientale a cresimare i neofiti, venne assalito da una banda di rapinatori e quindi ucciso per impossessarsi delle sue casse di libri, scambiate per casse di tesori.
Il suo corpo, recuperato da una spedizione di Franchi, fu sepolto a Fulda, dove ancora oggi si riunisce attualmente la conferenza episcopale tedesca. E' venerato, oltre che in Germania, anche in Inghilterra.

giovedì 3 giugno 2010

Santo del giorno, calendario domenicano

Oggi il nostro Ordine domenicano ricorda la figura di San Pietro da Verona, primo martire domenicano (martirio presso Seveso il 6 Aprile 1252).
Proveniente da famiglia eretica, fu affascinato dalla parola del Santo Padre Domenico a Bologna, dove si era recato per gli studi universitari. Ebbe come modello lo stesso fondatore, per le sue principali virtù: castità vissuta con gioia, austerità di vita, parola bruciante.
Nel 1242 venne nominato Inquisitore per la Lombardia e, forse anche per il contrasto con le sue origini, vide concentrare su di sè l'odio implacabile degli eretici. Un loro sicario lo assassinò il 6 Aprile 1252 sulla strada tra Como e Milano (presso Seveso).
Santa Caterina che ne tesse l'elogio nel suo "Dialogo" lo rappresenta come campione della fede, tanto che in punto di morte scrisse per terra con il proprio sangue "Credo in Deum".

pessimismo?

Allora bisogna essere pessimisti? Per quello che mi riguarda, ripeto il motto di un santo: "Dio solo".
Nonostante tutto Cristo continuerà a salvare la sua Chiesa, e, con essa, forse, il mondo intero.

La dimenticanza dei beni futuri

Il Papa Leone XIII, nella sua enciclica "Laetitiae sanctae" dell'8 settembre 1893, enunciava vari mali nella società (si veda anche uno dei primi nostri post, dove si parla del rimedio dei misteri gaudiosi), ancora per nulla scomparsi, anzi semmai aggravati. In particolare mi riferisco qui alla dimenticanza dei beni futuri, per cui si additava come rimedio i misteri gloriosi del rosario.
A questo proposito voglio ricordare che i pellegrini che si recavano a Roma (pur già definita "Babilonia" da San Girolamo, forse per il paganesimo e la corruzione di certe gerarchie, fra cui si annoveravano molti suoi nemici), quindi in un centro senz'altro avvolto da un atmosfera di santità (già alla fine del II sec., il carisma e la vocazione universale di Roma sono riconosciuti in tutto il mondo occidentale), ma, come osserva Richard Barber, non paragonabile ad intensità spirituale con Betlemme e Gerusalemme, in quanto Roma esercitava sui pellegrini un'attrazione assai più legata alle cose di questo mondo, ecco che tuttavia, dicevo, i pellegrini (al contrario forse di funzionari e mercanti) raramente si soffermano a descrivere le loro speranze concrete nella vita presente(stando ai graffiti ritrovate sulle tombe dei martiri, allora oggetto di pellegrinaggio), e non domandano mai la guarigione delle loro sofferenze, ma solo chiedono l'intercessione dei santi per la vita dopo la morte, non per questa vita.
Concludo dicendo che certe volte mi sembra giusto il detto di un reazionario, che dice che il progresso è quella cosa dove mille cose cambiano, di cui una sola o due in meglio.
Io non trovo nulla di male in certo materialismo religioso, ma certo la santità è una cosa oggettiva ed incontrovertibile. Onore, quindi, ai nostri antenati.

Santo del giorno, calendario comune

Oggi la Chiesa ricorda Carlo Lwanga e dodici compagni martiri, guardie reali e paggi dell'allora regno del Buganda (ora repubblica di Uganda), bruciati vivi nel corso della persecuzione scoppiata in questo regno alla fine dell'ottocento.
Sul luogo del loro martirio è stato costruito a Namugongo un santuario, e l'altare maggiore è stato consacrato, durante il suo viaggio in Uganda, da Paolo VI, nel 1969, dopo che, cinque anni prima, aveva proclamato santi Carlo Lwanga e i suoi dodici compagni.

martedì 1 giugno 2010

Santo del giorno, calendario domenicano

Oggi il calendario domenicano celebra Beati Sadoc, sacerdote, e compagni martiri.
Sadoc, ancora giovane, ricevette l'abito domenicano dallo stesso San Domenico, dal quale venne mandato in Pannonia a diffondere l'Ordine. Così, con fra Paolo d'Ungheria, fu il fondatore e promotore della Provincia d'Ungheria e là vi passò molti anni. Di là fu trasferito a Sandomierz in Polonia per dirigervi i frati. Ivi, con tutta la Comunità di 48 frati venne ucciso dai Tartari nel 1260, mentre cantavano a Compieta la Salve Regina.
Questo eccidio fu recentemente comprovato con il ritrovamento dei ruderi del convento e di molti scheletri, negli scavi compiuti a Sandomierz.
Pio VII il 18 Ottobre 1807 permise il loro culto, già diffuso: fin dal 1295 se ne celebrava la memoria a Sandomierz, nella chiesa di Santa Maria.

Santo del giorno, calendario comune

Oggi si ricorda il martire San Giustino (inizio II secolo- Roma, circa 164 martire). Originario della Samaria studiò a fondo i filosofi greci e soprattutto Platone. Attratto infine dai profeti di Israele, si converte al cristianesimo, ma senza rompere con la sua tradizionale educazione, in quanto ritiene di aver trovato in Cristo la pienezza della verità cercata primieramente con la filosofia. Si batte acremente contro i pregiudizi verso il cristianesimo, soprattutto contro l'accusa di essere dei sovversivi e nemici dello stato, cosa che gli costò la vita, per istigazione del filosofo Crescente, un pensatore molto vicino al potere, contro cui aveva lanciato un libello. Nonostante la maggior parte dei suoi scritti sia andata perduta, perfino il Concilio Vaticano II si è richiamato ai suoi insegnamenti, in due documenti fondamentali, la Gaudium et spes e la Lumen Gentium.