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venerdì 21 ottobre 2011

riforma degli studi teologici

Le ultime vicende, la protesta comprensibile degli indignados, la incapacità dei governi di far fronte alla crisi, che è per molti aspetti strutturale ed irreversibile, come dimostra il caso paradigmatico della Grecia, simbolo di una civiltà forse al tramonto, la stessa corruzione nella sviluppatissima Cina, che senz'altro deve il suo sviluppo alla adattibilità all'attuale contesto di mercato della sua logica tradizionale del potenziale e non certo alla lungimiranza del governo cinese, indicano universalmente uno scadimento della classe politica, proprio laddove paradossalmente si cerca di ribadire una legittimità di una direzione politica della economia, che altro non è, rebus sic stantibus, se non l'espressione di un desiderio di elites improvvisate, (sempre più ampie fasce della popolazione hanno conquistato comportamenti opportunistici, deponendo la zappa e improvvisandosi pastori), di non perdere la fetta di benessere conquistata in questi anni più con una forza ubu che con con la razionalità richiesta dal buon funzionamento del mercato capitalistico. In tale contesto, gli esiti per una svolta in senso positivo, oltre che dall'ironia della monarchia (essere poveri sì, ma con dignità), che sarebbe forse la soluzione più "realistica", una vera svolta della situazione potrebbe provenire da una ripresa di serietà degli insegnamenti provenienti dalla religione. Nei momenti di crisi la religione e tornare alle origini sono le uniche ipotesi praticabili, soprattutto da parte della elites che detengono il potere e da parte dell'intero corpo sociale, direi; però mentre la scienza diventa sempre più complessa e capace di mostrare scenari nuovi, la elites politico-religiosa continua a mantenersi su un livello di formazione, e mi riferisco qui alle facoltà teologiche, piuttosto approssimativa. Manca ancora una ricerca che possa equiparare gli studi teologici a quelli delle altre discipline scientifiche, mantenendo un livello di comprensione di basso profilo atto solo a favorire la comunicazione fra i poteri, ma incapace di governare  i circuiti complessi e caotici della economia e della società globalizzata, nel momento stesso in cui più forte se ne richiama la necessità di regole per un suo governo. Non conosco bene ancora gli esiti cui porterà il cosiddetto "processo di Bologna", ma a parte un rinnovato patto tra "trono" (scusate un trono un pò buffo quello della repubblica) e altare, frutto solo della comune corsa al potere, non mi sembrano ci sia segni significativi atti a dimostrare un reale cambiamento delle cose. La religione continuerà ad essere probabilmente una farsa alimentata dall'ateismo pratico e dallo scandalismo ipocrita, il potere cercherà di difendere le sue poltrone ed i suoi privilegi, della serie si salvi chi può, ma non vedo all'orizzonte nessun segnale positivo, che indichi che in qualcuno ci sia davvero la volontà di far sì che il bene comune sia nient'altro che un banale slogan della farsa di questa religione. Va bene che c'è il dottorato di ricerca, ma se nessuno finanzia la ricerca, a cosa serve, mettere un gallone in più, se tutto in sostanza rimane come prima, cioè la religione è ancora l'oppio dei popoli?

giovedì 20 ottobre 2011

commento alla morte di Gheddafi

E' morto Gheddafi, vittima della solita logica del tutti contro uno, marchio infallibile della stupidità di ogni guerra.