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giovedì 3 giugno 2010

La dimenticanza dei beni futuri

Il Papa Leone XIII, nella sua enciclica "Laetitiae sanctae" dell'8 settembre 1893, enunciava vari mali nella società (si veda anche uno dei primi nostri post, dove si parla del rimedio dei misteri gaudiosi), ancora per nulla scomparsi, anzi semmai aggravati. In particolare mi riferisco qui alla dimenticanza dei beni futuri, per cui si additava come rimedio i misteri gloriosi del rosario.
A questo proposito voglio ricordare che i pellegrini che si recavano a Roma (pur già definita "Babilonia" da San Girolamo, forse per il paganesimo e la corruzione di certe gerarchie, fra cui si annoveravano molti suoi nemici), quindi in un centro senz'altro avvolto da un atmosfera di santità (già alla fine del II sec., il carisma e la vocazione universale di Roma sono riconosciuti in tutto il mondo occidentale), ma, come osserva Richard Barber, non paragonabile ad intensità spirituale con Betlemme e Gerusalemme, in quanto Roma esercitava sui pellegrini un'attrazione assai più legata alle cose di questo mondo, ecco che tuttavia, dicevo, i pellegrini (al contrario forse di funzionari e mercanti) raramente si soffermano a descrivere le loro speranze concrete nella vita presente(stando ai graffiti ritrovate sulle tombe dei martiri, allora oggetto di pellegrinaggio), e non domandano mai la guarigione delle loro sofferenze, ma solo chiedono l'intercessione dei santi per la vita dopo la morte, non per questa vita.
Concludo dicendo che certe volte mi sembra giusto il detto di un reazionario, che dice che il progresso è quella cosa dove mille cose cambiano, di cui una sola o due in meglio.
Io non trovo nulla di male in certo materialismo religioso, ma certo la santità è una cosa oggettiva ed incontrovertibile. Onore, quindi, ai nostri antenati.

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