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lunedì 9 aprile 2012

Eureka, la verità!


La verità miei fratelli deve essere qualcosa di contemplativo e quindi certamente la percezione della verità delle cose è un fattore di onore e gloria per l’uomo, ma deve anche avere un profilo dinamico nel senso di essere una verità che salva l’uomo stesso, conducendolo sulle strade della vita.
In questo senso un forte ammaestramento ci viene dal pensiero profetico: è noto come in tutta la linea dei profeti non solo è importante per l’uomo una fede e quindi una apertura al trascendente, cosa importante e foriera di positivi risultati sul piano pratico (penso ad esempio a quanto una fede poggiata su qualche promessa divina od anche su una intuizione umana, suffragata dalla fede, sia importante nel lavoro imprenditoriale nel senso moderno, ma anche a quanto la concezione sacrale del mondo fosse diffusa nel mondo antico e quindi il riferimento alla fede fosse un valore fondante), ma è anche importante una via immanente alla verità, cioè una liberazione per l’uomo che dia significato a questa vita, una liberazione tuttavia che conservi qualcosa di religioso e non sia un facile viatico verso l’empietà, come lo è spesso il pensiero umano tout court. Sotto questo aspetto il Cristo nella linea del pensiero profetico pare aver dato anche lui questa traccia di cammino che incontra la vita, capace di dare un significato immanente alla vita ed alla storia dell’uomo, lasciando che la fede elevi il significato della vita stessa, ma non ne svuoti la pregnanza terrestre di questa verità catartica: è facile dire che nella linea del Cristo, questa verità immanente e liberante e tale da dare significato e spessore alla vita si chiama Croce. Questo sembra aver intuito anche San Paolo nella sua predicazione staurocentrica e questo sembra aver capito in tempi più recenti anche il Santo di Montfort e molti altri che in teoria ed in pratica hanno sperimentato la via salvifica della croce.

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