I biografi, forse basandosi sul modello francescano, forse rifacendosi al topos nobili natali-lusso-armi-facilità al peccato, lo hanno ritratto come un giovane in procinto di perdersi, ma che comunque, alla fine, sceglie con decisione la via della testimonianza di fede. Infatti all'età di 15 anni, quelli della maggiore età, allora, in cui si sceglieva lo stato di vita, lo ritroviamo fra i canonici regolari agostiniani di Lisbona, titolari per volontà di re Alfonso I del Portogallo e della regina Mafalda di Savoia, dell'abbazia di San Vincenzo, appena fuori città, che era un importante centro di studio e di apostolato. La vita della comunità agostiniana di Coimbra era però turbata dalle tensioni interne delle quali era a quel che sembra responsabile un priore corrotto, a nome Giovanni. Stanco di un clima disordinato e comunque inquieto, e d'altro canto sconvolto per le notizie che venivano dal Marocco, dove erano stati martirizzati cinque frati francescani (Berardo, Pietro, Ottone, Adiuto, Accorsio), che erano passati per il Portogallo, ben accolti dalla regina Urraca, che aveva affidato loro l'eremo di Sant'Antonio di Olivares, decise di passare nel 1220 al nuovo Ordine, assumendo il nome del patrono di quel primo insediamento francescano lusitano.
Il passaggio dagli agostiniani ai francescani non dovette essere indolore. I suoi ex-confratelli gli rimproverarono il peccato di superbia: aveva sete di santità, cioè sete di gloria. Dal canto suo, Antonio sentiva semmai con forza la vocazione alla predicazione verso gli infedeli ed al martirio, sul modello dei cinque frati minori uccisi in Marocco. Si indirizzò, pertanto, al suo diretto superiore, fra Giovanni Parenti, allora provinciale di Spagna e del Portogallo, che aveva incontrato il giorno della traslazione, all'eremo di Olivares, dei resti dei martiri del Marocco e che l'aveva accolto nell'Ordine dei frati Minori: gli confidò il suo desiderio e ottenne il permesso di partire. Nell'autunno del 1220 s'imbarcò con un confratello, fra Filippino di Castiglia, per il Marocco. Ma la vicenda africana si sviluppò in modo molto diverso da come egli avrebbe voluto. Colpito da malaria si lasciò convincere a rientrare in Portogallo, ma, durante il viaggio di ritorno, una tempesta lo spinse sulle coste della Sicilia orientale. Lì dai confratelli messinesi egli apprese che Franscesco stava convocando i frati alla Porziuncola di Assisi per il Capitolo generale di Pentecoste del 1221, quello durante il quale sarebbe stato presentato il testo della Regola. Decise pertanto di recarsi ad Assisi, insieme con i francescani di Messina, ed incontrare finalmente il fondatore. E' molto probabile che in realtà non vi sia stato nell'occasione alcun incontro diretto fra Francesco ed Antonio, che comunque entrò in rapporto con Fra Graziano, ministro provinciale di Romagna, che lo accolse con lui e lo destinò all'eremo di Montepaolo, fra Predappio e Castrocaro, sulle colline che, da Forlì, guardano verso la Toscana. Lì condusse l'esistenza del novizio, svolgendo lavori umili e pesanti: ma sembra che quasi per caso gli capitò di predicare, senza alcuna esperienza, nella cattedrale di Forlì, durante la Quaresima o, secondo altri, alla fine del 1222. L'impressione provocata dalla spontanea eloquenza-nutrita tuttavia da severi studi condotti nel decennio dell'esperienza presso i canonici agostiniani- fu tale e tanta ch'egli divenne di colpo famoso. Antonio, sparsa la sua fama, si accorse ben presto che per controbattere l'eresia fosse necessaria una solida preparazione dottrinale, e pur probabilmente scontrandosi con il Padre Francesco, notoriamente avverso ai libri, riuscì a spuntarla ed ottene quindi l'autorizzazione di fondare lo Studio teologico francescano di Bologna, presso il convento di Santa Maria della Pugliola. Si intensifica così la sua attività di predicazione intercalata da numerosi miracoli, fra i quali si ricordano principalmente quelli numerosi a favore dei bambini, nella sua ultima residenza, un albero di noce a Camposampiero, ad una quindicina di Km. da Padova. Qui anche morì e dopo una lunga e complessa diatriba fu possibile trasportarlo nella cattedrale padovana di Santa Maria Mater Domini. L'arca di marmo nella quale fu deposto divenne ben presto meta di pellegrinaggi, che continuano anche oggi, in occasione dei quali si registrano sovente vari miracoli. Acclamato santo dal popolo, immediatamente dopo la morte, ha ricevuto anche da Pio XII il titolo di doctor evangelicus per la costante adesione al Vangelo della sua predicazione.
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